La fillossera: l’insetto che ha sconvolto la storia del vino

La storia della vite è millenaria, eppure poco più di un secolo fa il vino ha rischiato di scomparire. L’infestazione di un piccolo afide giunto dall’America, la fillossera, distrusse a fine del XIX secolo l’80% della Vitis vinifera a livello globale. Solo lo sforzo congiunto di molti studiosi permise di salvare la vite e il nostro amato vino.

Uva e fillossera

Origini e storia della fillossera della vite

Ma cos’è la fillossera? Si tratta di un piccolo insetto infestante, un afide che si nutre di linfa e attacca le radici della vite. Svolge il suo intero ciclo di vita a contatto con la pianta: dalle foglie, dove depone le uova, alle radici dove inizia a creare danni. L’attività di questo insetto è particolarmente perniciosa e i danni che provoca la fillossera sono molti: la sua puntura infatti genera tuberosità, delle voluminose escrescenze che alterano e indeboliscono la pianta, facilitando anche l’attacco di altri infestanti. In questo modo, dopo pochi anni la vite perisce, senza possibilità di cura.

Originaria del Nord America, si pensa che la fillossera sia stata introdotta in Europa dalle Americhe alla fine del XIX secolo. Le navi commerciali iniziarono a trasportare colture e piante del nuovo continente ma, insieme a queste, attraversò l’oceano anche il terribile ospite. La fillossera sbarcò in Europa probabilmente nel porto di Marsiglia, negli anni Sessanta dell’Ottocento. In un periodo d’oro per la viticoltura francese, in cui il succo della vite era esportato in tutto il mondo dall’Impero Britannico, alcuni ricercatori inglesi si accorsero di alcune strane protuberanze sulle foglie di vite ma, non dandoci peso, non riuscirono a evitare il peggio. Nel 1863, le prime viti morirono nel Gard, in Occitania. Da lì a breve, l’insetto si diffuse per tutta la Francia e poi, tramite trasporto navale, in tutta Europa e nel mondo.

L’attacco fu feroce, non si trovò alcun modo per contenere la diffusione della fillossera, che, piano piano, stava banchettando con le viti del mondo intero. I tentativi di controffensiva furono molteplici: allagamento dei vigneti, compressione dei terreni, insabbiamento delle radici… ma nessun metodo ottenne l’effetto sperato. L’effetto dell’infestazione della fillossera fu così devastante che in Francia trovarono un epiteto eclatante per l’insetto: “la Bestia”. L’intero sistema vino dell’epoca vide la più grande minaccia della sua storia. Non potendo più produrre e vedendo morire i nuovi impianti, numerosi produttori fallirono e la disperazione dilagante portò alla paralisi del settore.

La fillossera e il piede americano

La storia della fillossera della vite prosegue nel 1880, quando il governo francese indisse una commissione di esperti per trovare una soluzione definitiva. I primi successi si ottennero con l’uso del solfuro di carbonio, un prodotto di sintesi in grado di eliminare la fillossera che però, vista la sua potenza, presenta una minaccia per tutti gli altri organismi presenti nei vigneti. Molti si dissero contrari alla soluzione chimica proprio per questo motivo. Dopo anni di ricerche, si scoprì che la vite d’oltreoceano non veniva danneggiata come quella europea e nacque il filone “americanista”, che vide nell’innesto la soluzione al problema. Con un taglio preciso, la parte radicale della vite americana viene giunta alla parte apicale della vite europea. Le radici della nuova vite sono immuni all’attacco della fillossera e le uve prodotte presentano le stesse caratteristiche di quelle originali.

La soluzione del portinnesto era lenta ma sicura: con il totale reimpianto del vigneto europeo era possibile, in qualche anno, ricreare un sistema agricolo resistente alla piaga. La lotta decennale vide la scomparsa di molte specie e una drastica riduzione della varietà genetica ma, almeno, la coltura della vite era salva.

Fillossera e foglia

La fillossera oggi

La fillossera si combatte ancora oggi nei vigneti di tutto il mondo, per questo la tecnica del portinnesto con ‘piede americano’ è una prassi comune. Nonostante la piaga, alcune viti in giro per il mondo hanno ancora le loro radici originali: si tratta delle viti a ‘piede franco’, delle vere e proprie sopravvissute alla fillossera. Si trovano in regioni dove l’insetto non è mai arrivato, come in certe zone dell’Australia, o su terreni dove la fillossera non è riuscita a proliferare, come quelli a matrice sabbiosa del Languedoc o tra i vigneti più alti della Val d’Aosta. Alcune di queste viti sono tra le più antiche del mondo, piante centenarie con cui si producono vini davvero unici.

Sono molti i produttori che continuano a coltivare viti senza innesti, in parte per preservare un patrimonio antico, in parte perché si ritiene che, in questo modo, si preservi la purezza e l’autenticità delle uve.

I vini a piede franco possono rappresentare una sfida tecnica ed economica per i produttori, poiché richiedono maggiori cure e attenzioni rispetto alle viti innestate. Ma i vini sono apprezzati dagli intenditori per la loro autenticità e per la connessione con il terroir.

La fillossera, un piccolo insetto, ha portato l’intero mondo del vino a dover cambiare. Questa è la storia dell’ennesima sfida della natura e dell’uomo che, con forza e coraggio, crea qualcosa di nuovo per preservare la propria storia: l’essenza, vera, della tradizione.

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