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Schioppettino

Lo Schioppettino deve forse il suo nome alla particolare croccantezza dei suoi acini oppure, secondo altri, potrebbe derivare dal caratteristico “schioppettio” che si avvertiva al palato quando in passato veniva prodotto in versione leggermente frizzante. Si tratta di un’uva autoctona, coltivata principalmente nella zona di Prepotto, in provincia di Udine, che dà alla luce un rosso dal carattere unico e raro. Nasce in un territorio particolarmente fertile, dal clima ottimale, mitigato dalla presenza delle Prealpi Giulie, che lo riparano dai freddi venti settentrionali, e dalla vicinanza con il mar Adriatico. Il suo distintivo bouquet di lampone, mirtillo e mora selvatica si completa con l'invecchiamento regalando note sempre più intense di pepe nero. Un grande rosso friulano, una bellissima riscoperta di un vitigno antico e dimenticato.

14 Risultati
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2 -@@-1-Gambero Rosso
91 -@@-11-Luca Maroni
3 -@@-2-Vitae AIS
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2 -@@-1-Gambero Rosso
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4 -@@-3-Bibenda
92 -@@-11-Luca Maroni
89 -@@-5-Veronelli
2 -@@-1-Gambero Rosso
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3 -@@-1-Gambero Rosso
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90 -@@-9-James Suckling
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2 -@@-1-Gambero Rosso
20,40 
5 -@@-3-Bibenda
45,00 
3 -@@-2-Vitae AIS
2 -@@-1-Gambero Rosso
34,00 
4 -@@-3-Bibenda
91 -@@-7-Robert Parker
2 -@@-1-Gambero Rosso
45,90 
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Lo Schioppettino deve forse il suo nome alla particolare croccantezza dei suoi acini oppure, secondo altri, potrebbe derivare dal caratteristico “schioppettio” che si avvertiva al palato quando in passato veniva prodotto in versione leggermente frizzante. Si tratta di un’uva autoctona, coltivata principalmente nella zona di Prepotto, in provincia di Udine, che dà alla luce un rosso dal carattere unico e raro. Nasce in un territorio particolarmente fertile, dal clima ottimale, mitigato dalla presenza delle Prealpi Giulie, che lo riparano dai freddi venti settentrionali, e dalla vicinanza con il mar Adriatico. Il suo distintivo bouquet di lampone, mirtillo e mora selvatica si completa con l'invecchiamento regalando note sempre più intense di pepe nero. Un grande rosso friulano, una bellissima riscoperta di un vitigno antico e dimenticato.

Una storia a lieto fine

C’era una volta, tanto tempo fa, un vitigno a bacca rossa che non piaceva tanto ai contadini locali perché dava origine a vini rossi semplici e poco apprezzati. Con il passare degli anni venne messo sempre più in disparte, ignorato e abbandonato nelle campagne a favore di uve internazionali più forti, famose e resistenti. Insomma, la sua fine era molto vicina e i suoi giorni sembravano contati. In più si aggiunse il catastrofico fenomeno della filossera che lo fece praticamente estinguere. A partire dagli anni ’70, venne addirittura escluso dalla denominazione Colli Orientali del Friuli DOC, dichiarato come un “fuori legge” e sanzionando ogni contadino che cercava di allevarlo. Non fu l’unico: due altre varietà locali, il Pingolo e il Tazzalenghe, vennero anch’esse totalmente bandite. La svolta venne pochi anni più tardi dagli abitanti di Prepotto, un piccolo comune friulano di poco più di 1000 cittadini, che insorsero contro il disciplinare appena creato. Volevano difendere le uve locali e restituire dignità a quelle che erano le varietà del luogo. La sfida durò più di 13 anni e, alla fine, questi contadini riuscirono a salvarlo in extremis. Così soltanto nel 1983 venne riconosciuto all’interno della denominazione, ottenendo il via libera per poterlo coltivare nelle terre friulane. A capo di questo progetto di rinascita c’era l’allora sindaco di Prepotto Bernardo Bruno, la cantina Ronchi di Cialla, che recuperò i cloni, e la famiglia di distillatori Nonino, che offriva un premio (il “Barbatelle d’Oro”) a chi avesse aiutato questa varietà locale a sopravvivere. Da qui si iniziò a reinterpretare questo vitigno, riscoprendo le sue grandi qualità e come poteva evolvere nel tempo. Ad oggi, circa quarant’anni più tardi, è uno dei vini friulani rossi più famosi in tutto il mondo, tutelato da associazioni e prodotto in purezza nei comuni di Udine e Gorizia nelle denominazioni Friuli Isonzo e Colli Orientali del Friuli. E così, anno dopo anno, lo Schioppettino si è ripreso il trono che gli spettava, diventando il “re di Prepotto” … e tutti gli abitanti vissero felici e contenti.


Il territorio è la chiave per un grande rosso

Il Friuli, terra di confine e luogo di memoria, è anche considerata uno delle più vocate regioni per la coltivazione della vite. Il clima gioca un ruolo fondamentale; infatti questa regione si trova incastonata tra le ultime Alpi, che la difendono dai gelidi venti del nord, e il Mar Adriatico, che rende i terreni fertili e permeabili. In più, l’alternarsi tra giornate calde e notti fresche favorisce una perfetta maturazione delle uve. Tal regione è riconosciuta in tutto il mondo per la produzione di grandi bianchi, che possono macerare sulle bucce per un lungo periodo, assumendo una tessitura di grande pregio. Ci si scorda molto spesso che affianco a questa famosa produzione c’è anche una grossa fetta di rossi locali dalla grande personalità, che svelano l’anima più nascosta del Friuli. Tra questi sorge la famosa “perla di Prepotto”, il miglior Schioppettino. Un rosso che, come pochi altri, incarna lo spirito rigido del nord.


Schioppettino caratteristiche e abbinamenti

Si tratta di un rosso dal colore piuttosto chiaro, che anche dopo lunghi affinamenti mantiene una tonalità simile al rosso rubino. Il naso è un susseguirsi di sensazioni che si muovono allo stesso tempo: bacche di bosco, frutta a bacca nera, spezie e fiori di montagna. Con il passare del tempo una lunga scia pepata pervade l’olfatto, diventando la note più tangibile e caratteristica della varietà. Al palato esibisce un buon corpo, che già in tenera età mostra un tannino abbastanza scalpitante e una buona vena acida e sapida. Un vino che va bevuto giovane, ma se aspettato può regalare grandi emozioni, arricchendosi di note terziarie di tostatura, liquirizia e legno nobile e mostrando un corpo più morbido, elegante e vellutato. Tra i più grandi produttori di Schioppettino, va sicuramente Ronchi Cialla e lo Schioppettino Bressan, tra le più importanti e famose interpretazioni, fortemente pepato, lungo e intenso. Si tratta di un prodotto enologico che si adatta facilmente a molti piatti di terra o a cibi particolarmente speziati e saporiti. Con il gulasch di manzo, i formaggi stagionati con il miele, il filetto di manzo ai frutti di bosco e la selvaggina regala grandi soddisfazioni, ancora meglio se affiancato a piatti locali come gli agnolotti alle erbe aromatiche, cotechino di maiale e rape o la polenta taragna con funghi.

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