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Sveti Vrac

La tradizione dei Balcani e l'eccellenza bulgara
Regione Melnik (Bulgaria)
Produzione annuale 5.000 bt
Indirizzo 2800 Сандански Винарска изба - "Свети Врач", 2800 Sandanski, Bulgaria
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Sveti Vrac è l’antico nome che identificava l’odierna Sandanski, la città che afferma essere stata il luogo di nascita di Spartacus, all’interno dell’areale di Melnik, che con i suoi 385 abitanti rappresenta invece il più piccolo villaggio della Bulgaria. Una zona che può vantare la più lunga e la più importante tradizione vitivinicola d’alta qualità dei Balcani, nonché tra le più storiche e longeve del mondo intero, patrimonio della fiera popolazione dei Traci. Le produzioni di queste terre diventano oggetto di esportazione e commercio da parte dei veneziani e dei mercanti di Dubrovnik fin dal 1345, come attestano alcuni documenti storici, e fino a tutto il tardo medioevo hanno deliziato i palati dell’aristocrazia di tutta Europa.

La cantina Sveti Vrac è situata nell’estremo settore sud occidentale della Bulgaria, corrispondente alla regione di Blagoevgrad, circondata dal paesaggio della valle dello Struma, in quello che può essere considerato il territorio più vocato e interessante della Bulgaria. Il fiume scorre pressoché parallelo al vicino confine con la North Macedonia ad ovest, per andare a gettarsi nel lago Kerkini pochi chilometri più a sud, appena al di là del confine greco: uno stretto canyon che segue un andamento nord-sud, leggermente inclinato verso est, chiuso tra le alture della riserva naturale di Sokolata, a occidente, e i monti Pirin a oriente. Il clima tipicamente continentale riesce comunque a risentire di una forte influenza mediterranea e gode di escursioni termiche notevoli e di insolazioni importanti. Le vigne sono ubicate ad altitudini che raggiungono i 200 metri sul livello del mare, caratterizzate da terreni di origine alluvionale e dalla matrice sabbiosa.

Sveti Vrac è una realtà artigianale nata nel 2014 e che definire microscopica sa di eufemismo: eppure, dentro questo garage di campagna si realizza un progetto di grande portata, fortemente sostenuto dalla vignaiola ed enologa Nicoletta Dicova, di origini bulgare e di stanza in Toscana. I metodi sono assolutamente tradizionali, con l’uso del cavallo per lavorare il terreno, fermentazioni spontanee a grappolo intero, utilizzo dei soli lieviti indigeni e lunghissime macerazioni sulle bucce per una produzione annua che si aggira intorno alle 5.000 bottiglie. Le varietà allevate e vinificate sono soltanto due, antiche e recuperate dall’estinzione, provenienti da viti molto vecchie: la bacca nera Shirola Melnishka, conosciuta anche come Melnik, i cui risultati sono spesso paragonati alla forza, speziatura e capacità di evoluzione dei grandi Chateauneuf-du-Pape; la bacca bianca Keratsuda, di cui rimangono al mondo 33 coraggiosi ettari, è l’emblema di questa missione di recupero di un terroir storico.

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