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Vini Pignoletto

Il Pignoletto è uno dei bianchi italiani che negli ultimi anni ha suscitato maggior interesse tra gli appassionati e gli esperti di settore. È un vino storico dell’Emilia, il bianco più rappresentativo e importante della regione. Tradizionalmente è prodotto nell’area del Colli Bolognesi e Modenesi, in particolare nella fascia di territorio che dalla Pianura Padana comincia a salire dolcemente verso i primi contrafforti dell’Appennino Emiliano. Si tratta di un vitigno molto antico, che in questa zona ha trovato una perfetta simbiosi e interazione con le condizioni climatiche e i terreni, in modo da esprimersi su ottimi livelli qualitativi. Piacevolmente fresco e immediato, è un vino giovane e fragrante, che si fa apprezzare soprattutto per la sua scorrevolezza e piacevolezza di beva. Un grande vino quotidiano, nel senso migliore del termine. Semplice e informale, è un bianco facile da abbinare a tavola, adatto a essere bevuto in ogni occasione.

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Il Pignoletto è uno dei bianchi italiani che negli ultimi anni ha suscitato maggior interesse tra gli appassionati e gli esperti di settore. È un vino storico dell’Emilia, il bianco più rappresentativo e importante della regione. Tradizionalmente è prodotto nell’area del Colli Bolognesi e Modenesi, in particolare nella fascia di territorio che dalla Pianura Padana comincia a salire dolcemente verso i primi contrafforti dell’Appennino Emiliano. Si tratta di un vitigno molto antico, che in questa zona ha trovato una perfetta simbiosi e interazione con le condizioni climatiche e i terreni, in modo da esprimersi su ottimi livelli qualitativi. Piacevolmente fresco e immediato, è un vino giovane e fragrante, che si fa apprezzare soprattutto per la sua scorrevolezza e piacevolezza di beva. Un grande vino quotidiano, nel senso migliore del termine. Semplice e informale, è un bianco facile da abbinare a tavola, adatto a essere bevuto in ogni occasione.

L’antica storia del Pignoletto e del suo vocato territorio

La storia di questa varietà nelle terre emiliane si perde nella notte dei tempi. La prima citazione, forse riconducibile al vitigno, si può trovare con un pizzico di fantasia nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, che nel I secolo d.C., parla del “Pinum Laetum”. A parte queste lontane assonanze e antiche suggestioni, sappiamo che le prime testimonianze della presenza del vitigno nell’area dei Colli Bolognesi risale al XVI secolo. Come consuetudine dell’epoca, direttamente mutuata dagli usi etruschi, la vite veniva coltivata con un tutore vivo, ovvero maritata agli alberi. Sfruttando la sua natura di liana, la vite veniva fatta arrampicare con lunghi tralci su aceri e olmi. Già allora le vigne di Pignoletto si trovavano nelle soleggiate zone collinari e le uve o i mosti, venivano portati in città per la vinificazione dalla Compagnia dei Brentatori. Ancora oggi fa parte del paesaggio delle campagne di Bologna e Modena. Le dolci esposizioni, il clima mite e ventilato e le terre vocate, si sono rivelati elementi perfetti per la coltivazione. Grazie a un adattamento secolare al territorio, il vitigno si esprime su ottimi livelli qualitativi e rappresenta la punta di diamante dei bianchi della regione. Una piccola eccellenza, che negli ultimi anni ha intrapreso un virtuoso percorso di crescita qualitativa. Oggi è considerato tra i bianchi più interessanti e con maggior potenziale di crescita del Centro Italia.

Carta d’identità di un ottimo vitigno

Il vitigno, da sempre coltivato nell’area dei Colli Bolognesi, per molto tempo è stato considerato un vitigno autoctono, una varietà tipica del territorio. In passato era difficile stabilire parentele tra le uve e ci si affidava spesso a similitudine legate alla forma o alle dimensioni del grappolo e dell’acino o della foglia. Era un metodo empirico poco preciso e basato solo sull’osservazione della pianta, che lasciava molti margini d’incertezza e molte possibilità d’errore. I più recenti studi sul DNA dei vitigni, hanno, invece, permesso di ristabilire la verità. Si è scoperto che condivide lo stesso patrimonio genetico con il Grechetto Gentile o Grechetto di Todi. Si tratta del clone g5 di Grechetto, diverso dal clone g109 che è invece tipico della zona di Orvieto. È un vitigno abbastanza vigoroso, che produce grappoli di dimensioni medio-piccole, con acino dalla forma ovale e con una buccia piuttosto sottile, ma resistente. L’epoca di vendemmia è medio tardiva, con una produzione costante e abbastanza generosa. L’uva ha un buon corredo di aromi fruttati e arriva a piena maturazione con un’acidità non troppo elevata.

Il vino pignoletto si presenta con un colore giallo paglierino chiaro. Il profilo olfattivo è caratterizzato da delicate note di fiori di campo, di fiori bianchi, frutta a polpa bianca e lievi sentori agrumati. Il sorso è armonioso, con un perfetto equilibrio tra un frutto ricco e generoso e una freschezza moderata e mai eccessiva. Il finale è sapido e leggermente ammandorlato. È molto piacevole da bere giovane per apprezzarne la vivace fragranza varietale, ma dopo qualche anno d’affinamento in bottiglia, sviluppa interessanti aromi d’evoluzione terziaria, che gli donano una notevole complessità aromatica, con nitidi cenni minerali. Si tratta di un vitigno estremamente duttile e si presta a essere vinificato in molti modi, sempre con ottimi risultati. Dal Pignoletto si possono produrre spumanti Metodo Classico, Martinotti o Charmat, vini frizzanti che vengono rifermentati in bottiglia sur lie, fermi e passiti. Una vasta gamma espressiva, che solo i grandi vitigni riescono a coprire con risultati così convincenti. Tra i produttori di spicco del territorio, segnaliamo: Bergianti, Manaresi, Balugani, Tenuta Mara e Gradizzolo.

A tavola

Il vino di Pignoletto dimostra una grande versatilità a tavola, soprattutto in virtù della sua naturale predisposizione a essere vinificato in molti modi, con versioni molto diverse l’una d’altra. Si ottiene cosi una gamma di vini, tutti espressione dello stesso vitigno, ma ognuno adatto a un abbinamento particolare. Le versioni spumantizzate sono fresche, semplici e immediate, particolarmente adatte da degustare al momento dell’aperitivo. In particolare il sur lie, prodotto con Metodo Ancestrale, si abbina molto bene a un tagliere di salumi e formaggi freschi del territorio o con torte salate a base di verdure e formaggio. Le versioni ferme più giovani, possono accompagnare a tutto pasto un menu di pesce. Mentre con affinamenti più lunghi, è intenso e complesso, e si sposa molto bene anche con carni bianche dal gusto delicato. Infine la versione Passito è perfetta da degustare dopo cena con della piccola pasticceria secca.

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